Le Risorse della Macchia - Associazione per il Parco Culturale di Camaiano

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Le Risorse della Macchia

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Domenica 26 Ottobre 2014

si è svolta la seconda edizione dei nostri
Percorsi Guidati:

Le Risorse della Macchia

In una splendida giornata autunnale più di settanta persone di tutte le età si sono radunate al Borgo di Paltratico per partecipare a questa passeggiata alla scoperta delle risorse naturali che ci offre la nostra meravigliosa macchia.
I partecipanti si sono divisi in due gruppi, uno guidato da Tatiana Paoli, l’altro da Giovanni Bacci.

Innumerevoli le nozioni interessanti e curiose apprese dalle nostre guide sulle specie vegetali spontanee trovate lungo il percorso, di cui ricordiamo qui di seguito solo una piccola parte:

Apprendiamo che nella macchia mediterranea sono presenti tre diverse specie di pini: il pino domestico (Pinus pinea, per lo più di impianto artificiale specialmente nelle pinete litoranee), il pino d’Aleppo (Pinus halepensis) ed il pino marittimo (Pinus pinaster), presente in abbondanza presso il paese di Gabbro ma purtroppo colpito pesantemente dalla cocciniglia della corteccia (Matsucoccus feytaudi) che ne sta decimando il numero.
Ed a proposito di pini, sapevate che l’acquaragia che tutti conosciamo è il prodotto di distillazione della trementina, cioè della "ragia" che si ottiene incidendo opportunamente la corteccia ed il legno dei pini?


Abbiamo ammirato il mirto carico di bacche già mature che vengono usate per fare deliziosi liquori casalinghi,  oppure per cucinare gustosi arrosti. Le foglie contengono un profumatissimo olio essenziale ed hanno proprietà balsamiche e antisettiche, attive soprattutto sulle vie respiratorie mentre il legno di mirto con la sua grana fine ed il colore rossastro è ideale per l'intaglio e per piccoli lavori al tornio ed i nostri nonni lo usavano per fare manici e bastoni.
Nell’antichità il mirto era sacro ad Afrodite in Grecia, mentre per i Romani era sacro a Venere; era fra le piante considerate simbolo di Roma, con i suoi rami si intrecciavano ghirlande con le quali si incoronavano poeti ed eroi. I fiori, forse per il colore candido, erano considerati simbolo di verginità e di amore puro e venivano impiegati per ornare il capo delle giovani spose e per addobbare i tavoli durante i banchetti nuziali.

Ed ecco che vediamo l’alloro le cui foglie vengono comunemente usate in cucina per aromatizzare carni e pesci; sapevate che questa pianta è stata considerata sacra fin d’antichità? In Grecia come a Roma era simbolo di sapienza e di vittoria. Per i romani l’alloro era tanto nobile che neppure i fulmini potevano colpirlo, e poiché simboleggiava gloria e potenza e il predominio in tutti i campi, con esso si incoronavano gli imperatori. Questo uso si è protratto nel medioevo quando con i suoi rami ornati di bacche si coronava il capo dei nuovi dottori in medicina, pratica per la quale venne in uso la parola italiana "laureato" per onorare tutti coloro che conseguono un titolo universitario.

Ma è il corbezzolo che ci regala i colori più belli con i suoi frutti gialli, arancioni e rossi secondo il grado di maturazione e in contemporanea con i piccoli grappoli di fiori  bianchi urceolati che impiegheranno un intero anno per diventare frutti, usati per fare marmellate dal colore ambrato o per essere messe sotto spirito, ma anche per produrre acquavite e perfino aceto. Le foglie di corbezzolo possono essere impiegate per lenire stati infiammatori dell’intestino o delle vie urinarie.
Da ricordare infine che la presenza contemporanea delle foglie verdi, dei fiori bianchi e dei frutti rossi evocò nell'Ottocento la bandiera italiana, tanto che durante il Risorgimento questa pianta divenne simbolo dell'unità nazionale.

Ci soffermiamo sul lentisco; una volta i suoi piccoli frutti rossi venivano usati per estratto un olio molto aromatico (detto anche olio di sondro), che serviva da succedaneo dell’olio di oliva, soprattutto da parte dei più poveri. Le incisioni sul tronco lasciano uscire una resina chiamata mastice che masticata rassoda le gengive e profuma l'alito; ancor oggi il mastice viene usato come componente di paste per le otturazioni dentarie e per le gomme da masticare.

Poi parliamo dell’erica, chiamata comunemente stipa: pianta mellifera tra le prime a fiorire nella macchia mediterranea che produce un miele amarognolo.
Dal ceppo basale della stipa, o scopa, detto "ciocco", si ricavano pregiate pipe. I ciocchi sono di un legno con venature di diverso colore molto caratteristiche dette "fiammature", è durissimo, inalterabile, leggero ed estremamente resistente al calore. A causa dell'assorbimento massiccio di silicio dal terreno il ceppo di stipa è praticamente ignifugo.

Sulla via del ritorno, in prossimità dell’innesto con la provinciale, sono state ammirate grandi e splendide piante di cerro (Quercus cerris), facilmente riconoscibili dalle altre specie di querce per il caratteristico cappuccio ricoperto di una sorta di grossolana peluria riccioluta che hanno le ghiande, ed un sorbo con ancora qualcuno dei suoi frutti, con i quali si fanno ottime marmellate ma da consumare dopo una lunga stagionatura a causa della loro astringenza che si perde solo con una surmaturazione: da qui il tipico detto toscano "con il tempo e con la paglia si maturano le sorbe e la canaglia".

All’Agriturismo Cappellese è stato infine offerto un ottimo Pranzo Rustico, preparato con i prodotti genuini della nostra zona ed accompagnato dai buonissimi vini della Fattoria di Paltratico.





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